14 Giugno 2021
Il sughero e il marketing di San Tommaso
"La sapienza è figliola della sperienzia” così la pensava Leonardo da Vinci e così siamo certi che la pensassero anche i partecipanti ai vari viaggi in Portogallo alla scoperta del sughero Amorim.
La curiosità, la voglia di toccare con mano, la necessità di non fermarsi a quanto scritto su un pezzo di carta o un certificato, il bisogno di testimoniare con la propria presenza. Questi sono i bisogni che hanno spinto negli anni i partecipanti a vivere l’esperienza del Viaggio in Portogallo, alla scoperta del sughero espanso di Amorim Cork Insulation. Un momento di conoscenza, ma anche di confronto tra architetti, ingegneri, ricercatori, giornalisti e futuri tecnici commerciali dell’azienda Tecnosugheri in fase di formazione. Ognuno con un proprio motivo per essere lì.
Come in tutte le gite, si parte la mattina, di buon’ora. Lasciata Lisbona, si imbocca la A8 in direzione Alentejo, una regione del Portogallo a est della capitale. Si iniziano a vedere le sugherete, sempre più fitte, più ci avvicina alla meta. D’improvviso si lascia il comodo asfalto e si prende una qualche via sterrata, ogni anno diversa e il pullman inizia a sussultare. Dietro di noi, solo la polvere, tanta polvere.
Benvenuti nelle sugherete dell’Alentejo
La macchina guida davanti a noi si ferma. Stop, si scende! Benvenuti nelle sugherete, dove si raccoglie la corteccia e dove il porco preto – maiale nero – ne mangia le ghiande. Tutto qui sembra essere tremendamente circolare. Lento, ma circolare.
Eccoci! Tutti con il naso all’insù a guardare con stupore e ammirazione la decortica, poi con il nasò all’ingiù a cercare un pezzo di corteccia da portare a casa con sé. Come ricordo? No, più come testimonianza, come certezza della potenza della natura.
É un rito che si ripete annualmente tra giugno e agosto, quando è più semplice svestire la pianta della sua corteccia. Poi, per 9 anni la pianta cresce e la rigenera.
Fa caldo in Alentejo. Lontano dall’oceano a volte si superano i 40°C e tutto avviene lentamente. Toc, toc, toc, l’unico rumore che si sente. Colpi di accetta secchi e precisi. Una lama così affilata da potercisi rasare al mattino. Incide con precisione la corteccia della pianta. Un gesto chirurgico fatto da persone all’apparenza un po’ rudi, ma molto esperte.
Poi il silenzio. Le mani sapienti dei raccoglitori nella fessura, ne aprono i lembi. Boom, un tonfo! La corteccia che cade a terra. Da lì a poco sarà accatastata, qui o là a seconda della sua qualità.
Qualcuno un po’ intimorito si avvicina, con lo sguardo cerca l’autorizzazione dell’uomo sulla pianta. L’ok arriva e tutti accorrono a vedere la corteccia e ad accertarsi di come stia la pianta.
La quercia è nuda, di colore arancione intenso, trasuda di vita e svela un via vai di formiche. Ordinatamente si muovono lungo il fusto. Si sparge la voce che il fusto è bagnato e decine di mani accorreranno per toccare se è vero.
Un pennello sporco di vernice bianca disegna un numero sul fusto. L’ultima cifra di quell’anno. Un monito per il futuro: 9 anni passeranno prima di una nuova svestizione. Così vuole il disciplinare nazionale. Un’altra cosa da certificare con i propri occhi e da raccontare.
Un momento che andrebbe raccontato con le macchine fotografiche a pellicola, in bianco e nero, talmente rimanda indietro nel tempo. Un tempo che qui in Alentejo sembra essersi fermato e che piace tanto ai nostri ospiti.
Un accompagnatore d’eccezione: Carlos Manuel
Dimenticavo, tutto ciò non sarebbe così autentico se a raccontarlo non fosse Carlos Manuel – CEO di Amorim Cork Insulation -, tra i più longevi collaboratori della famiglia Amorim, un uomo semplice che da del tu a tutti e si ricorda di tutti coloro che amano il sughero. Con lui ci spostiamo di qualche chilometro e raggiungiamo Vendas Novas. Tutto a chilometro zero, come da programma.
Anche Vendas Novas è un paesino da fotografare in bianco e nero, che ti fa riprendere colore solo quando si tratta di digerire la bifana. Ma è ancora presto per assaggiarla.
Al pullman non serve seguire il gps per arrivare allo stabilimento. Basta seguire i pennacchi di vapore acqueo che gorgogliano in aria in lontananza e che nascondono i nidi delle cicogne sui comignoli della fabbrica.
Fa caldo. Sì, sempre più caldo anche per via dell’orario. È quasi mezzogiorno. Ma non si può mollare adesso.
C’è ancora una missione da compiere, quella che ci ha guidati fin qui e che risponde ad un altro insegnamento del maestro di Vinci: “L’esperienza è la sola insegnante in cui possiamo confidare”. La scoperta è il senso ultimo di questo viaggio. Per testimoniare che la natura è più potente della chimica.
Alla scoperta della produzione nello stabilimento Amorim di Vendas Novas
E allora, tutti in fila alla scoperta della produzione del pannello di sughero. Quale? Quello nero, quello CORKPAN, quello che non ha le colle, quello che profuma di tabacco, vaniglia, quello che sa di tostato. A voi la scelta…
Cellulare in mano, modalità video “on”. Nessun segreto, nessuna zona off-limits. Si parte, tutti dietro a Carlos.
La stagionatura, la triturazione, l’aspirazione delle polveri che alimenteranno la caldaia, il trasporto pneumatico del sughero. Tutto bello, sì ma quindi?
Nel vecchio stabilimento fa caldo. Nulla in confronto alla vampata di calore che provi quando Carlos dà ordine di spalancare la bocca della caldaia. Dentro quell’inferno si brucia la polvere del sughero raccolta durante tutto il ciclo produttivo: biomassa interna che produce oltre il 90% dell’energia che serve per la produzione. Se non è efficienza naturale questa…
Il sistema è semplice, quasi banale: un fuoco scalda l’acqua in una autoclave e il vapore prodotto porta gli stampi a quasi 400°C. Siamo nel cuore dell’impianto, dove le blocchiere in ghisa si muovono su rotaie e fanno avanti e indietro senza mai fermarsi. 24 ore al giorno trasformano granulato di corteccia chiara in blocchi di sughero nero, fumante.
Gli smartphone macinano video, senza tregua. Si vorrebbe filmare tutto, perché si sa che ogni blocchiera sforna pezzi unici, ognuno è diverso da quello prima e da quello dopo.
I blocchi sono bollenti, a volte incandescenti e teneri come il burro. Serve raffreddarli perché non si brucino. Aghi lunghi e densi come il letto del fachiro bucano il blocco e rilasciano acqua “tiepida” a circa 80° anche nel punto più interno. “State lontani” grida Carlos aprendo lo sportello del macchinario, da cui subito schizza acqua calda, quasi bollente.
É il sughero Amorim. Qui nulla viene lasciato al caso, come certificato da natureplus e ANAB-ICEA.
E la colla, dov’è la colla?
Facce sbalordite iniziano a guardarsi in giro a scrutare se c’è qualcosa di non detto e non visto. Peggio ancora, di nascosto. Facce che sembrano chiedere “…e la colla?”, quasi dispiaciute dal dover ammettere che di colla proprio non ce n’è traccia. Occhi quasi increduli nel convincersi che la frase “prodotti […] agglomerati senza aggiunta di leganti” riportata sulla norma EN 13170 – quella della marcatura CE, per intendersi – corrisponda al vero.
Leggermente defilato, Carlos assiste alla scena, ride e racconta il miracolo naturale della liquefazione della suberina. Nulla di sacro o paragonabile alla mistica di San Gennaro, sia chiaro, ma sufficiente a far dire wow!
Dunque, ricapitolando, una resina contenuta nella corteccia della quercia da sughero a quasi 400°C di temperatura si scioglie, i granuli si espandono e per contatto il pannello si agglomera. Senza nessun collante aggiunto.
Con questa immagine nella mente, stanchi ma felici ci si avvicina al chiosco dove si frigge la bifana – fettine di maiale, marinata in vino bianco, aglio, paprica e alloro – e si serve birra: Segres o SuperBoch, a voi la scelta. Alla fine del pasto frugale non può mancare un bicchiere di Porto!
Il rientro a Lisbona avviene sempre in un torpore generale, in un clima da gita scolastica di fine anno. Davanti sempre i più attenti, in fondo al pullman i più “attivi”, diciamo così, quelli che hanno ancora le forze per organizzare la prossima nottata lisbonese.
Tecnosugheri e il marketing di San Tommaso
Il Portogallo è un paese magnifico, semplice, che ti parla al cuore, un paese ricco di saggezza, che piacerebbe a Mark Twain, che diceva “Di tutte le esperienze che vivi, prendi in considerazione solo la saggezza che contengono”.
Permettere alle persone di toccare con mano la produzione del sughero CORKPAN è un dovere: un’esperienza di conoscenza pratica che in Tecnosugheri hanno ribattezzato “marketing di San Tommaso” e che non vedono l’ora di potere riprendere dopo due anni di stop.
É bello pensare che, ogni tanto, etica e marketing possano stare ancora nella stessa frase.
L'autore
Andrea Dell’Orto
E' un consulente di marketing e comunicazione e svolge attività di divulgazione scientifica, relativamente alla sostenibilità e alla salubrità in edilizia. Collabora con Spazi Inclusi - service giornalistico e di servizi di comunicazione - e con il progetto di Home, Health & Hi-Tech. E' moderatore di eventi sui temi dell'edilizia sostenibile. Di formazione universitaria in statistica, è appassionato di scrittura e fotografia.
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